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16.11.05, Chiesa, ed., Eginardo, Vita Karoli

16.11.05, Chiesa, ed., Eginardo, Vita Karoli


Il testo compare in una collana che si intitola 'Per verba': Testi mediolatini con traduzione, di cui il volume curato da Paolo Chiesa è il numero 29, una collana che la Fondazione Ezio Franceschini offre meritoriamente dal 1995. Il lettore dispone del testo critico, in questo caso la Vita Karoli di Eginardo, di una traduzione particolarmente curata ed efficace corredata da un impressionante apparato di note, e di cinque saggi introduttivi. Il volume riprende il testo seguito dell'edizione curata da Herrmann in due tomi, con testo e commento, ed apparsa presso Aschendorff nel 2005, edizione che a sua volta riprende il testo nei MGH SSRG 25, apparso nel 1911 a cura di Pertz, Waitz, Holder-Egger. Rilevante è il fatto che il lettore è accompagnato nei meandri della tradizione manoscritta grazie appunto al notevolissimo apparato di note che seguono le pagine con la traduzione a fronte, in cui si trovano anche preziose e precise indicazioni per la comprensione di un periodo storico così importante per la comprensione del discorso politico all'interno della tradizione cristiana.

Paolo Chiesa, nella sua Introduzione, ci ricorda i toni ammirativi di Walafrido Strabone nel prologo che premette al testo redatto da Eginardo, confezionando una vera e propria prima edizione manoscritta della Vita Karoli, il cui autore era morto solo da pochi anni. Ne emerge Eginardo come un uomo che visse la doppia esperienza del regno di Carlo, un sovrano che ama i dotti e la cultura, e del regno dei suoi successori, che si accompagna al crollo degli studi e ad un disinteresse verso la cultura. Non bisogna considerare questo sguardo storico come perfettamente rispondente alla realtà dei fatti, tuttavia esso esprime molto bene la percezione che ne avevano i contemporanei, in cui la speranza di un interesse sempre crescente verso la cultura si era bruscamente raffreddata a causa di una diversa indole e di una minore capacità di realizzazione dopo la morte di Carlo Magno. Si assiste ad un risvegli di atteggiamenti cortigiani di complotti e di trame vendicative, ed anche questo fa risaltare la figura di Eginardo, che per le sue doti umane e personali riesce a tirarsi fuori dai regolamenti di conti che toccavano quasi tutte le persone per un qualche momento in un posto di primo piano. Anche Eginardo fu cortigiano, ma il suo encomio verso il sovrano non sconfina mai indebitamente nell'agiografia: la sua scrittura è intessuta delle letture classiche, a partire dalla Vita Augusti di Svetonio e dalle citazioni esplicite da Cicerone, anche se in genere l'eco classica non si traduce mai in riferimenti precisi, bensì in una aria di famiglia.

La traduzione italiana rende al meglio la forza letteraria di Eginardo, la cui struttura è certo legata a delle caratteristiche particolari per il lettore contemporaneo, ma che riesce senz'altro a goderne la bellezza e l'efficacia.

I saggi introduttivi meritano tutti di essere citati: quello di Stella, Aspetti letterari e fortuna critica della 'Vita Karoli'; quello di Albertoni, Noi ed Eginardo. La 'Vita Karoli' come documento storiografico; quello di Ricci, La lingua e lo stile della 'Vita Karoli'; quello di Zironi, Carlo Magno 'rex barbaricus'; quello di Pagani, Un altro Carlo Magno. I 'Gesta Karoli' di Notkero di San Gallo. Ognuno di essi apporta un contributo utile per il lettore.

Alessandro Zironi parte da un componimento gnomico islandese, la Canzone dell'eccelso contenuto in Edda, in cui si ammonisce l'uomo che troppo beve sul fatto di non potere dominare la sua coscienza. La morigeratezza di Carlo Magno, descritta da Eginardo, mostra così un suo allontanarsi dal costume germanico diffuso, che si impone nei banchetti ma non nell'abbigliamento, in cui lo stesso Eginardo ci racconta come Carlo non amasse vestirsi secondo la foggia romana. Zironi rifiuta l'idea di un'integrazione a 360 gradi della cultura del mondo romano: certo Carlo fa proprio un ideale politico che gli deriva dall'interazione con la tradizione romanistica e quella cristiana, sino a divenire a mio parere il primo portatore di una teologia politica cattolica, ma questo non significa che gli elementi della sua radice germanica scompaiano tutti. Zironi ci invita a sfuggire dalle sirene intellettuali di una unità completa della romanizzazione di Carlo, per fare emergere una apparente contraddittorietà delle sue scelte di vita, a partire dal quotidiano, contraddittorietà che in fondo appartiene alla complessità del reale irriducibile a semplicistiche razionalizzazioni. Così, la morigeratezza nei banchetti di Carlo non rimanda solo ad una morale personale, rimanda ad un rifiuto del codice della vendetta che attraverso le bevute conviviali trovava uno dei suoi modi di manifestarsi e di dipanarsi.

A questa analisi sull'anima barbarica di Carlo Magno è utile affiancare la ricostruzione di Ileana Pagani, che conduce una comparazione tra i Gesta Karoli di Notkero di San Gallo (oggi la critica gli attribuisce l'opera senza alcuna esitazione) e la Vita Karoli di Eginardo. Premesso che l'opera di Eginardo ha conosciuto una diffusione e ha prodotto un'influenza nettamente superiori, mentre in Eginardo si conserva la natura di Carlo Magno di rex Francorum, nei Gesta Karoli egli è imperator, mentre Ludovico il Germanico diviene rex vel imperator totius Germaniae. Non si tratta di una semplice opposizione tra una biografia laica e una religiosa, ed anche se l'elemento spirituale caratterizza i Gesta Karoli, la dimensione religiosa è anche politica ecclesiastica, governo di chiese, parte strutturale e costitutiva del potere del sovrano. Carlo Magno non diviene imperatore, egli è imperatore, poiché la sua nuova condizione gli proviene dalla volontà onnipotente di Dio. Il ruolo della famiglia imperiale è molto più accentuato, e mentre Eginardo racconta il potere assolutamente carismatico di un uomo, Notkero racconta il dipanarsi di un potere che viene da Dio in una successione genealogica di individui. La cifra veramente spirituale della narrazione è il contorno negativo in cui opera Carlo Magno e chi lo sostiene, una negatività che si identifica con l'azione del diavolo nel mondo: l'azione della Provvidenza rinvia all'azione del diavolo portatore del negativo. Lo stile di Notkero lo conduce ad apparire spesso come voce narrante nel suo testo, all'opposto di quanto emerge invece dall'opera di Eginardo, e questo si può attribuire a mio parere all'elemento personalista del cristianesimo di cui propone la valenza nella sfera politica e sociale. Questo ci conduce alla dimensione letteraria di queste biografie alto-medievali, che Luigi Ricci esamina con precisione e con acribia: il suo testo è ricco di osservazioni lessicali e grammaticali, sino ad una analisi puntuale del ritmo prosaico. Ritengo che sia un contributo importante per tutti coloro che vogliano accostarsi alla Vita Karoli da questo punto di vista particolare.

Il contributo di Francesco Stella fa il punto dello stato della questione nella letteratura secondaria sulla fortuna del testo di Eginardo, in cui l'esaltazione della romanità di Carlo appare debordare dal suo naturale alveo della riflessione politica per occupare uno spazio letterario che la critica, dopo avere bene definito nei dettagli, ha ricondotto nella sua giusta dimensione. Risultano particolarmente rilevanti nel panorama della letteratura secondaria i contributi di Gustavo Vinay e di Claudio Leonardi, che seppure non esprimano la storiografia maggioritaria, esprimo secondo Stella la migliore storiografia, tanto che hanno saputo correggere gli eccessi di una letteratura che vedeva il testo di Eginardo come distaccato dalla realtà a lui contemporanea. Infine, ma non per importanza, Giuseppe Albertoni si interroga sullo statuto della Vita Karoli come documento storiografico: anche qui emerge come l'immagine di un Eginardo filo-Carlo e anti-Ludovico sia troppo semplicistica e comunque livellante di una realtà che merita molte più sfumature, e che infine dà ragione ad una lettura combinata di Eginardo con Notkero, anche se in ogni caso la lettura dicotomica è non-persuasiva a partire dal solo testo di Eginardo. Merita di essere ricordato il contributo storiografico di Rosamond McKitterick, la quale rinuncia a perseguire un elemento annalistico nella Vita Karoli, e insiste sull'elemento di legittimità genealogica sotteso all'opera di Eginardo. Uno sguardo su alcune biografie dedicate a Carlo Magno negli ultimi quindici anni permette ad Albertoni di mostrare la vitalità della questione storiografica nella ricostruzione della vita di questo grandissimo personaggio medievale: anche qui vale richiamare una riflessione di Johannes Fried, il quale non manca di richiamare l'omissione della gioventù di Carlo Magno nella ricostruzione di Eginardo, un elemento che mostra come la nuova teologia politica cattolica ha bisogno di una ridefinizione dell'interazione tra mondo barbarico e mondo cristiano con una virata verso il nuovo ruolo nella struttura ternaria della legittimità politica, sovrano-sudditi-Dio, che se supera la vecchia struttura binaria, sovrano-sudditi, non può però cancellare gli elementi squisitamente francofoni nel personaggio Carlo Magno.

Insomma, questo volume si propone come un eccellente strumento di lettura per chi voglia accedere al testo di Eginardo, con il testo latino della Vita Karoli e la traduzione, eccellenti saggi di introduzione e un apparato di note che funziona come strumento di comprensione dell'epoca carolingia.