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23.10.09 Poirel, Stemma Codicum

23.10.09 Poirel, Stemma Codicum


Il volume che qui si presenta ha un duplice valore: da un lato propone la riedizione di un testo che è stato troppo presto--e senza fondato motivo--dimenticato, “La critique des textes et son automatisation” di Dom Jacques Froger; dall’altro, grazie alla ricca introduzione a firma di Dominique Poirel, esso offre una contestualizzazione, ricostruzione e spiegazione dei principî che di quest’opera sono a fondamento.

L’inquadramento parte da una ricostruzione della biografia di Froger, nella quale Poirel ha cura di precisare le contingenze nelle quali l’autore de “La critique des textes et son automatisation” si trova a formarsi e poi a lavorare. Fondamentali sono, infatti, gli ambienti in cui Froger studia, a cominciare dall’Abbazia Saint-Pierre de Solesmes, centro di tradizione liturgica e medievale, per arrivare poi alla Faculté de sciences di Parigi e al Centre de Traitement Électronique des Documents Médiévaux verso i quali lo indirizzano l’interesse per i modelli matematici e informatici e le loro applicazioni in ambito filologico ed esegetico. È grazie a questo binomio, allora molto insolito ma oggi sempre più abituale, che si delinea nella sua specificità la fisionomia scientifica di Dom Jacques Froger, arricchita e completata grazie agli studi paleografici e codicologici condotti presso l’École Pratique des Hautes Études. In questa biografia complessa, ma sempre chiaramente orientata, Poirel individua anche l’origine--e non potrebbe essere altrimenti--di alcune caratteristiche precipue di Froger filologo e dell’opera che codifica e testimonia il suo metodo. Un esempio su tutti: la chiarezza espositiva raggiunta ne “La critique des textes et son automatisation” sembra derivare, oltre che da un particolare approccio euristico, dall’insegnamento della filosofia e della teologia presso l’abbazia Saint-Pierre de Solesmes e dalla riflessione sul metodo che inizia con la sua tesi Histoire et théorie de la critique textuelle e che si giova dell’intenso scambio con scienziati di discipline diverse di cui egli coglie l’utilità per gli studi filologici.

Il secondo capitolo è dedicato ai contenuti dell’opera e segue da vicino la struttura del testo di Froger per mettere in luce come ogni suo aspetto sia il risultato di una riflessione accurata e meditata il cui obiettivo, assai ambizioso, è pervenire a una “méthode totale” della critica testuale. Froger introduce per gradi il lettore alla disciplina muovendo dalle nozioni di base necessarie a descrivere il processo per il quale i testi si corrompono, distinguendo tra storia interna e storia esterna dei testi stessi, per poi tracciare un breve compendio della nascita e dello sviluppo della scrittura. Il passo successivo è l’illustrazione degli otto metodi principali che servono a correggere le innovazioni presentate dai testi; fatto questo, egli procede alla presentazione della “méthode totale,” ossia un “melange de toutes les méthodes, mais avant tout des deux méthodes stemmatiques rivales, celle des fautes communes et celle de Dom Quentin” (44).

Due sono le caratteristiche da sottolineare, al di là della novità o meno degli argomenti trattati: la tendenza all’essenzialità e la propensione alla problematizzazione. Potrebbero sembrare modalità fra loro in contrasto; eppure, Froger riesce a coniugarle senza che mai questo significhi evitare o semplificare le difficoltà di fondo connesse con le operazioni di edizione. Al contrario, egli tenta sempre, con estrema onestà intellettuale, di squadernare l’insieme delle possibili problematiche, non esitando a riconoscere, nei casi peggiori, la natura ambigua o poco definita di certe nozioni o elementi della stemmatica.

Ampio spazio, poi, Poirel dedica alla ricezione di questo manuale, passando in rassegna le recensioni e discutendone puntualmente pregi e difetti, senza tralasciare le ragioni per cui gli studiosi hanno dimenticato in fretta o persino mancato di riconoscere l’innovatività e il rigore dell’operazione tentata da Froger. Questa panoramica è completata da un’utile lista di editori che hanno non solo distinto il metodo di Froger da quello di Dom Quentin (con il quale troppo spesso veniva erroneamente identificato), ma lo hanno dichiaratamente applicato per le edizioni dei testi da loro proposte. Tra questi, ovviamente, anche il curatore, il quale evidenzia il debito scientifico verso Froger per l’edizione critica delle Allegoriae di Isidoro di Siviglia, oltre che di altri scritti di varia natura (un poemetto carolingio, l’autobiografia spirituale di una santa, commenti scolastici, e dispute universitarie), ma anche per la direzione dell’opera omnia di Ugo di San Vittore.

Nel terzo capitolo Poirel arriva al cuore dell’operazione di rivalutazione dimostrando l’originalità e il valore del metodo di Froger, basato sulla costruzione in due passaggi dello stemma codicum. Il primo serve a elaborare uno stemma non orientato, che Froger definisce “schéma de l’enchaînement” (198); il secondo rappresenta l’orientamento dello stemma. Poirel offre quindi una dimostrazione logica e procedurale del processo che costeggia molto da vicino l’esemplificazione e l’esposizione dei principi proposte da Froger.

Seguono tre interessantissimi paragrafi che sottolineano e motivano come il metodo di Froger superi le teorie alla base delle principali scienze filologiche anteriori: il lachmannianismo, il bedierianismo, e il metodo di Dom Quentin. Quanto al primo, la discussione intorno alla nozione stessa di errore permette di intravedere le falle del metodo che si basa su una definizione aprioristica di ciò che è lezione buona e di ciò che è devianza. Di Bedier si arriva a notare una certa convergenza di risultati nella misura in cui entrambi, Bedier e Froger, giungono alla conclusione che la pluralità dei possibili stemmi, che ne annulla la valenza, dipende dal fatto che nel processo di classificazione la fase dell’interpretazione deve seguire, non precedere, né essere contemporanea a quella della descrizione della tradizione. Infine, come Quentin, Froger si basa sull’idea di “enchaînement” tra i manoscritti (anche se Quentin parla di “série”) senza far ricorso alla nozione di errore. Si discosta però riguardo al confronto che avviene non più per terne, come in Quentin, ma per “type,” ovvero sulla base delle varianti condivise da un medesimo gruppo di manoscritti. Un altro superamento della teoria a fondamento del metodo di Quentin si riscontra sul piano del giudizio qualitativo delle lezioni e dunque sull’individuazione degli errori. Mentre Quentin finisce per rifiutarlo in nome di una stretta adesione a un approccio oggettivo e statistico, Froger semplicemente differisce questa fase e la assegna a un momento successivo.

Un breve capitolo, il quarto, è dedicato a una valutazione ponderata del metodo di Froger, del quale sono analizzati i punti deboli e i punti forti attraverso le critiche mosse (tutte discusse con imparzialità ed efficacia), nonché i vantaggi, a giudizio del curatore oggettivi, riassunti per punti: si tratta infatti, secondo Poirel, di una “méthode inclusive,” “complète,” “solide,” “patiente,” “flexible,” “rigoureuse,” “ouverte,” “économique” (129-132).

La riedizione dei primi tre capitoli del libro di Froger occupa le pagine da 133 a 300. Alla consistenza degli assunti e del metodo nel panorama della storia della critica testuale si è già fatto cenno; qui si ribadirà solo la profonda chiarezza espositiva e limpidezza logica che ne fanno un’opera non solo utile agli editori ma piacevole alla lettura anche per i non specialisti.

Il libro è chiuso da una “Postfazione” che attraverso esempi pratici evidenzia in modo incisivo i possibili utilizzi del metodo di Froger oggi. Poirel, il quale mostra di averne penetrato a fondo lo spirito, suggerisce alcuni miglioramenti, per lo più terminologici, ma anche concettuali, che potrebbero renderlo maggiormente preciso e attuale e alcune applicazioni pratiche davvero sorprendenti che ne confermano l’efficacia.

Completano il volume le appendici. La prima è dedicata alla bibliografia di Dom Jacques Froger; le successive ripubblicano documenti che testimoniano la fama di Froger. Chiude la sezione una lettera di Froger a Dom Eligius Dekkers in cui discute l’edizione della Regula Magistri.

Nel complesso, l’operazione di riscoperta e valorizzazione del testo e del metodo di Froger tentata da Poirel pare pienamente riuscita anche in virtù dell’equilibrio con cui il curatore la conduce, un equilibrio frutto di imparziale giudizio critico e lucida passione intellettuale.