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15.01.19, Candido, Boccaccio umanista

15.01.19, Candido, Boccaccio umanista


L'appropriazione della cultura classica da parte di Giovanni Boccaccio a partire dagli anni della sua formazione e durante la stesura del Decameron è al centro della rigorosa indagine di Igor Candido in Boccaccio umanista. Lo studio contribuisce a mettere in luce il dialogo continuo di Boccaccio con il mondo classico fin dalle opere giovanili e complica così il dibattito critico che tende a individuare il mondo medievale come referente culturale esclusivo del Certaldese. Candido si propone in particolare di riconoscere e illustrare l'influenza nella produzione di Boccaccio dello scrittore latino dell'età argentea Apuleio di Madaura, autore delle Metamorfosi. L'indagine critica si fonda su dati paleografici e filologici che rivelano la costante presenza della fabula di Amore e Psiche nell'immaginario poetico boccacciano, a partire dalla prima lettura intorno agli anni '30 alle successive rivisitazioni coincidenti con la stesura del Decameron e delle Genealogie.

La vocazione preumanistica di Boccaccio "lettore e scopritore dei classici," come rilevato da Emanuele Casamassima, lo porta infatti a leggere, postillare e imitare le Metamorfosi nel codice Pluteo 29.2 della Biblioteca Laurenziana di Firenze, un manoscritto posseduto e glossato da Zanobi da Strada e altri lettori, in cui la fabula di Amore e Psiche è la sezione che riceve più attenzione nelle chiose di Boccaccio già dagli anni '30, come hanno individuato gli accertamenti paleografici di Emanuele Casamassima, e più recentemente di Maurizio Fiorilla e Marco Cursi. In seguito, intorno al 1350, Boccaccio trascrive alcuni scritti di Apuleio, De magia, Metamorfosi, Florida, De deo Socratis, nel codice Pluteo 54.32. Il lavoro di ricerca di Candido offre un'immagine di Boccaccio al lavoro su più testimoni della tradizione apuleiana e introduce Apuleio come un'altra fonte del platonismo mediato di Boccaccio (attraverso le opere De Magia e De Platone), e si affianca a quella già documentata di Francesco Petrarca per la teoria platonica delle due Veneri, anticipata nel Teseida e nella Comedia delle ninfe fiorentine, ed esposta nelle Genealogie (2.22-23).

Questo primo studio di una progettata serie di contributi dedicati alla presenza degli autori classici nell'opera di Boccaccio illustra il progressivo mutamento del metodo imitativo a partire dai testi giovanili, in cui emerge un esplicito richiamo narrativo alla fonte della fabula di Amore e Psiche, a partire dalle tre epistole latine del 1339 e l'imitazione dello scioglimento narrativo della fabula nell'Amorosa vision, in cui Candido suggerisce che i calchi apuleiani possono aiutare a sciogliere gli enigmi interpretativi degli ultimi capitoli del poemetto inscenando la conversione dell'amore terrestre in amore-carità. Nelle novelle del Decameron che sono debitrici della fabula (2.7,9; 10.10) il testo di Apuleio viene ripensato e tradotto per il pubblico del Centonovelle. Tra i temi principali riconducibili ad Apuleio è quello della fortuna che condiziona o sconvolge radicalmente il destino umano, che introduce la concezione dell'umanesimo storico del perfezionamento spirituale e morale capace di temperare i colpi della fortuna e richiama il concetto di fortunam superare su cui insiste Apuleio nelle Metamorfosi. Candido riprende la sua precedente intuizione, esposta nell'articolo apparso su Filologia e Critica (2007), della dipendenza della novella di Griselda (Decameron 10.10) dalla fonte della fabula di Amore e Psiche di Apuleio, individuando i temi ricorrenti della matta bestialità di fratelli e mariti, contrapposta alla medietas invocata nell'introduzione alla Giornata Prima, quello delle impares nuptiae, nozze tra disuguali per nascita, caro a Boccaccio dal Filocolo alla novella di Tancredi e Ghismunda (4.1), e il nucleo tematico delle prove sostenute da Griselda, vittima della bellezza femminile latrice di sventure. Una riflessione fruttuosa per la lettura del Decameron considera la scelta di riscrivere la fabula apuleiana nella novella di Griselda perché può offrire sollievo nelle condizioni avverse della fortuna, come Boccaccio dichiara nelle Genealogie (14.9,13), il che rimanda alla missione dell'opera di consolare il pubblico dalle afflizioni della peste, in particolare per le donne soggette all'autorità di padri e mariti.

Candido mette in luce in particolare la fonte apuleiana della novella 10.10, in cui la riscrittura della fabula di Amore e Psiche raggiunge un tipo di aemulatio così ben riuscita e ben dissimulata nella sue potenzialità espressive anche perché in essa giunge al culmine la ricerca dedicata al concetto di favola e di verosimiglianza storica come referenti privilegiati dell'invention poetica. Lo studioso suggerisce che lo stesso Petrarca nel tradurre la Griselda boccacciana abbia compreso la fonte apuleiana della novella, come lasciano intuire alcuni passi di Seniles 17.3-4.

Se la fabula trova ancora posto nell'esposizione sistematica delle Genealogie, un capitolo è dedicato alle opere da cui invece risulta assente, come il De casibus virorum illustrium e il De mulieribus Claris, in cui si riflette anche in Boccaccio il dualismo narrativo tra fabula e historia, sotto l'influenza petrarchesca. Tuttavia Candido segnala che negli stessi anni la fabula di Amore e Psiche ricompare in veste parodica nell'esperimento satirico del Corbaccio. Nel caso delle Genealogie, invece, l'esposizione del mito è seguita da una lettura allegorica dipendente da fonti tardo-antiche e medievali, sul modello dell'esposizione di Fulgenzio, con diversi elementi dottrinali tratti da Aristotele, Marziano Cappella, Calcidio e Dante. L'uso della fabula è volto a illuminare la concordia tra la psicologia aristotelica e la dottrina cristiana dell'anima che proietta la propria luce ermeneutica sulla costruzione della novella di Griselda e sul significato che assume in chiusura del Decameron come ideale di perfezione raggiungibile dall'anima umana dopo la tragedia della peste, mentre nella traduzione latina di Petrarca (Seniles 17.3-4) Griselda diventa exemplum per la costanza nella fede in Dio, o meglio ancora parabola del percorso dell'anima verso la salvezza.

Il saggio dimostra con efficacia e convinzione come le tre diverse fasi, lettera, mitopoiesi e allegoria, che distinguono l'approccio all'aemulatio della fabula apuleiana nell'opera di Boccaccio, sono sostenute da un'unica cultura classica che rimane fedele a se stessa dagli anni della formazione intellettuale che catalizzano temi e problemi cari a tutta la produzione poetica successiva. Candido infatti nella Premessa richiama l'attenzione sul titolo del volume, Boccaccio umanista, che può essere discusso alla luce del dibattito storiografico del secondo Novecento. Il termine "umanista" infatti non va inteso in stretto senso storico, ma come un riconoscimento dell'umanesimo ante litteram di Boccaccio, capace di coniugare, in quella che il ricercatore definisce la sua "rivoluzione inconsapevole," la sua riscoperta, imitazione e trasmissione dei classici della tradizione culturale greco-latina. Tale approccio fornisce una lettura nuova della continuità tra mondo classico e mondo medievale nell'imitazione di Boccaccio dell'autore che gli è più affine e ispira la novella con cui si chiude il capolavoro narrativo del Decameron.

Questo studio offre un contributo importante e originale alla ricerca delle basi culturali del preumanesimo storico di Boccaccio a partire dalle operazioni di reperimento, comparazione e studio delle fonti che corroborano la ricerca intertestuale arrichendo così i risultati ermeneutici con l'obiettivo, come dichiara Candido, "di fornire una nozione dell'uomo [Boccaccio] che sia il più possibile unitaria, nel costante rispetto della sua complessa molteplicità culturale" (27).