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10.06.13, Marenbon, ed., The Cambridge Companion to Boethius

10.06.13, Marenbon, ed., The Cambridge Companion to Boethius


Questo Companion affronta il difficile problema di una lettura globale di Boezio, un compito particolarmente arduo, a causa della diversità dei problemi da lui affrontati. Proprio come "primo degli scolastici," Boezio unisce lo studio della logica e della teologia, aderendo ad una filosofia, quella neoplatonica, in cui l'eredità antica persiste fino almeno al XIII secolo.

Di questa difficoltà è ben conscio il curatore del volume, John Marenbon, che mette in evidenza subito nell'esordio quanto sia arduo leggere globalmente Boezio, a causa della specializzazione moderna delle discipline. Ne consegue, in effetti, una cesura tra coloro che studiano la logica di Boezio, e quelli che si dedicano, invece, alla Consolatio e, ancora, agli Opuscula Theologica: tale cesura ostacola, sicuramente, anche il recensore del Companion, che non possiede delle competenze anche in ambiti che solitamente gli sono stati estranei. Comunque sia, il lettore trova riuniti nel libro vari saggi, i quali corrispondono alla varietà delle tematiche: chi ha bisogno di un accessus a Boezio può servirsi di questo volume con fiducia. Bisogna osservare anche che Marenbon si è procurato una serie di contributi perfettamente omogenei tra di loro, per estensione, e ha saputo scegliere i collaboratori tra i migliori specialisti attuali del filosofo Romano. Mancano degli studi dedicati alla musica e alla aritmologia, che pure Boezio aveva trattato. Marenbon spiega questa mancanza (10, n. 1) in parte con il motivo di non rendere troppo lungo il volume, ed in parte osservando che quelle opere sono estremamente tecniche e non possono essere adeguatamente intese da chi non è specialista in quelle discipline. Ma questa difficoltà si pone anche per la logica di Boezio, che non può certo essere intesa da chi non è specialista.

Il volume è diviso in due parti, che corrispondono sia alla cronologia sia alla differenza delle opere di Boezio, e precisamente la prima ("Before the Consolation") e la seconda ("The Consolation"), che può, a sua volta, essere divisa in alcuni saggi dedicati ai problemi della Consolatio e ad altri, che potrebbero avere il titolo di "After the Consolation".

La prima parte è introdotta da un saggio di carattere storico di John Moorhead ("Boethius' life and the world of late antique philosophy," 13-33), che serve ad inquadrare Boezio nella storia del suo tempo e nella storia della filosofia, della teologia e della letteratura. Il tema è assai ampio ed è trattato con chiarezza e semplicità. Vorrei indicare che concordo pienamente con quanto dice l'autore a p. 31, che non è vero che Boezio cercava di risollevare la vita intellettuale dei suoi tempi, che stava sprofondando nella barbarie. Tutto il VI secolo, almeno fino alla morte di Cassiodoro, è un periodo di fertile attività intellettuale, sia in Italia sia in altre provincie dell'impero (ad esempio, in Africa, per la quale è stato oramai abbandonato il cliché della barbarie dei Vanfali).

Seguono alcuni studi dedicati alla logica di Boezio. Quello di Sten Ebbesen ("The Aristotelian commentator," 34-55) è un ottima sintesi della produzione della logica di Boezio, e fornisce informazioni oggettive sull'estensione del corpus delle opere logiche, sulle sue fonti, sul suo metodo di lavoro e le intenzioni che mossero Boezio ad eseguire il suo intento.

Seguono due studi di crescente tecnicismo (ma non si poteva fare altrimenti). Il primo, di Chr. J. Martin, su "The logical textbooks and their influence" (56-84), in quanto esamina con gli strumenti di quella "scienza" alcuni dei procedimenti seguiti da Boezio nei suoi trattati. L'epoca in cui Boezio scriveva non è, secondo Martin, un'epoca di particolare sviluppo della logica e Boezio stesso non fu un grande logico. L'importanza di Boezio consistette, quindi, nella funzione di fornire ai logici medievali gli argomenti sui quali essi poterono esercitare le loro ricerche. "Il contributo personale di Boezio alla storia della logica fu un'esposizione del sillogismo ipotetico, che...non avrebbe avuto alcun ruolo nello sviluppo della logica dopo la metà del dodicesimo secolo" (56). Il giudizio sull'autore romano è ribadito con ancora maggiore decisione a p. 80: "Boezio lasciò al Medio Evo dei resoconti confusi e frammentari" dei problemi da lui trattati. Abelardo ebbe il grande merito di comprendere il contributo di Boezio e di superarlo.

Anche il secondo, di M. Cameron, su "Boethius on utterences, understanding and reality," pp. 85-104, affronta problemi da un punto di vista molto speculativo e con un metodo puramente tecnico. Esso esamina alcuni dei termini specifici della logica, secondo la valutazione di Boezio e il giudizio che essi ebbero nel Medio Evo e dagli studiosi contemporanei.

Nella struttura ordinata del volume seguono tre saggi dedicati agli Opuscula Theologica. Essi, però, più che da un punto di vista teologico e della storia del pensiero cristiano, sono considerati più sul piano logico, nell'intento di valutare la validità del metodo di Boezio. Questi, infatti, volle (primo tra gli scrittori cristiani) dimostrare la teologia cristiana per mezzo di strumenti filosofici: questo è detto a p. 115, ed è una cosa nota. Per questo motivo i contributi italiani e francesi, che hanno un impianto più strettamente storico, non sono mai presi in considerazione--mentre non sarebbe stato male considerare anche questi. Un primo studio è quello di D. Bradshaw, "The Opuscula sacra: Boethius and theology," pp. 105-128. Esso contiene un rapido esame di ciascuno dei cinque opuscoli, partendo dal De sancta Trinitate (il titolo che Bradshaw preferisce è Trinitas unus deus ac non tres dii, citato in modo un po' impreciso, essendo Quomodo Trinitas etc.). Bradshaw osserva che un problema analogo (Dio è unico, ma tre sono le Persone divine) era stato affrontato in modo teorico da Gregorio di Nissa, che tuttavia non ebbe influsso su Boezio, nonostante la sua conoscenza del greco. Boezio preferì basarsi esclusivamente su Agostino, come è noto (107-109). A p. 111 si osserva che nel corso della discussione di p. 25 (i riferimenti al testo non sono molto chiari, avendo B. preferito usare la edizione di Rand-Tester, probabilmente per la presenza di una traduzione inglese) si trova la famosa distinzione tra eternità di Dio e sempiternità delle cose create: Questa discussione, però, è più ampiamente svolta nel quinto libro della Consolatio (cf. 126 n. 17, ove B. sembra credere che le definizioni nei due passi siano in contraddizione). B. esamina gli scopi e le caratteristiche del de fide catholica (115-118), un trattato che insiste solamente sull'aspetto dogmatico della religione cristiana, senza tener conto delle norme etiche e della prassi del cristianesimo. B. segue l'interpretazione di Chadwick, secondo il quale il trattato, dedicato alla aristocrazia romana colta, vuole insistere sugli elementi sovrannaturali, tipici del cristianesimo ortodosso--e più in particolare, come giustamente si osserva (117), di quello occidentale. Infine, l'ultimo trattato, Contra Eutychen et Nestorium, è rapidamente discusso soprattutto nella parte che riguarda la terminologia di persona, essere, esistenza, sussistenza, ousiosis. Questi problemi sono esaminati anche a pp. 145-147 del successivo studio di A. Arlig, il quale esamina "The metaphysics of individuals in the Opuscula sacra," pp. 129-154, parimenti teorico e speculativo.

Con Ch. Erismann, "The medieval fortunes of the Opuscula sacra," pp. 155-177, troviamo invece una interessante sintesi storica, che, comunque, prende in considerazione anche problemi di carattere teologico e filosofico. Data l'ampiezza del tema, lo studioso spesso è costretto a indicare solo i risultati delle ricerche, che tuttavia sono assolutamente persuasivi: la grande stima di cui godette Boezio sia come filosofo sia come teologo, il fatto che la filosofia medievale fu, almeno nei primi secoli, basata soprattutto sulla esegesi dei testi antichi; tra gli opuscula, i più noti furono il primo, il terzo e il quinto. La successione storica è divisa tra l'età carolingia, il XII e il XIII secolo. Quindi E. presenta il metodo per delineare una teologia razionale, le definizioni dei termini e i problemi dottrinali. Questo studio unisce con ottimi risultati la storia e la speculazione sulle dottrine di Boezio; è ricco di informazioni e di dottrina, soprattutto per chi non è studioso di filosofia medievale.

Alla Consolatio sono dedicati tre studi di ottima qualità, ad opera di studiosi di particolare competenza. Il primo è quello di John Magee, "The Good and morality: Consolatio 2-4," pp. 181-206. Magee vede nel primo e nell'ultimo libro della Consolatio due testi indipendenti e di diverso carattere: nel primo libro Filosofia annuncia la sua terapia, ma non inizia nessuna argomentazione che serva ad attuarla, mentre il quinto spinge in una nuova direzione, cioè verso il problema della provvidenza e del libero arbitrio. I libri 2-4, pertanto, hanno a che fare con il problema centrale della Consolatio, cioè quello della fortuna, prima che essa si riveli come la forma più bassa della provvidenza divina, e quindi sviluppano quello che era stato enunciato in forma di principio nel primo libro; tale problema scompare poi nel libro quinto, tanto che lo stesso Boezio (cioè l'interlocutore) non ha, alla fine, più nessun ruolo. Come la dottrina della conoscenza, discussa nel libro quinto, mostra che la conoscenza non dipende dalla realtà oggetto di considerazione, ma dai vari gradi di tecnica conoscitiva con i quali ci si accosta alla cosa conosciuta, così nei libri 2-4 la questione fondamentale posta dalla Consolatio rimane costante, ma la prospettiva filosofica si sviluppa. "Sul piano letterario la strategia si manifesta nella forma di un passaggio dalla retorica alla dialettica, e sul piano filosofico da Seneca/Epitteto a Platone /Aristotele" (184). Non è possibile seguire nel dettaglio le sottili argomentazioni di Magee nella sua interpretazione del bene e dell'etica, svolte in questo contributo; alla fine (200) il discorso si arresta all'inizio del libro quinto, che non è qualcosa di estraneo all'argomento fondamentale della Consolatio: "il fatto che il libro 5 deve apparire come una digressione suggerisce che questo è un altro tentativo di imitare la tecnica platonica dell'ironia drammatica: il progetto di Boezio era che il pendolo dovesse oscillare tra i due estremi della fortuna e del fato, prima che, alla fine, si fermasse su di un compromesso tra provvidenza e libera scelta".

Robert Sharples è uno specialista dei problemi del fato, della provvidenza e del libero arbitrio nel platonismo e nel medioplatonismo (Pseudo Plutarco, Alkinoos, Calcidio etc.). Anche a proposito della Consolatio egli esamina "Fate, prescience and free will", pp. 207-227. S. afferma all'inizio (207) che la conciliazione tra preconoscenza divina e libertà umana è il culmine della Consolatio: questo è vero, anche se non si debbono dimenticare le esigenze etiche che sono connesse al problema. Ma quello che più è interessante è il fatto che successivamente Sharples mette in relazione (cosa che non è stata fatta spesso dai commentatori di Boezio) la sezione della Consolatio dedicata al fato e al libro arbitrio con quanto lo stesso Boezio aveva elaborato nei suoi commenti al capitolo 9 del De interpretatione di Aristotele. La stessa Filosofia in Consolatio V 4,1 aveva osservato che né Boezio né i suoi predecessori avevano trattato o risolto in modo soddisfacente quel problema, una affermazione che deve essere intesa come un riferimento alle precedenti opere logiche di Boezio (214). Sharples considera l'argomento inizialmente sul piano della logica (208-214), e quindi nella Consolatio, concludendo (221) che la trattazione di Boezio rimane incompleta, in quanto egli ha cercato di conciliare solamente l'autonomia umana con l'onniscienza divina, non con l'onnipotenza. è ancora possibile, quindi, proporre delle soluzioni...Anche questo contributo è particolarmente notevole per l'erudizione e la sottigliezza della discussione.

è dedicato all'esame degli aspetti letterari della Consolatio (anche se esso si conclude passando a problemi di carattere filosofico-religioso) l'articolo di Danuta Shanzer, "Interpreting the Consolation," pp. 228-254. L'articolo non si dedica ad un argomento, ma fornisce, con sensibilità e finezza, una considerazione globale delle numerose tematiche dell'opera di Boezio. S. esamina l'intertestualità della poesia, quindi le funzioni dei versi nella Consolatio: "un'urna perfettamente lavorata, con un'elegante struttura ciclica di un'alternanza di prosa e versi, che si incentra sul grande carme III 9, l'unico metrum non usato una seconda volta nell'opera (233)"; la struttura dialogica si manifesta con una fusione tra il dialogo platonico e il discorso di rivelazione (231). Il prosimetro è impiegato in una forma rigorosa e schematica, che non ha precedenti nella letteratura latina; si esaminano la menippea e la critica delle fonti, la Consolatio nella evoluzione del platonismo occidentale (237-239). Se il personaggio principale è Filosofia, essa appare con una grande, "proteiforme," varietà di atteggiamenti (232); Boezio non si cura di cristianizzare questa figura. La parte finale di questo contributo è dedicata ad un problema assai spinoso, cioè quello del cristianesimo della Consolatio (240-245). Giustamente S. osserva (242) che il cristianesimo della Consolatio è una forma curiosa di cristianesimo: non è basato sul Nuovo Testamento, ma è di tipo sapienziale e filosofico, che ha un parallelo nel sincretismo di un periodo molto anteriore, cioè nel giudaismo ellenistico, per cui non sono ammissibili le etichette del tipo "cristiano" o "pagano"; molto appropriato è il confronto con la figura di Sinesio. Il mondo della Consolatio comprende un summum bonum, che è Dio, ed anche una Sapienza personificata, ma non comprende Cristo (243). Per questo motivo S. considera Boezio più come "uomo colto" della tarda antichità che non come un filosofo, una persona colta che conosce molta poesia latina (qui, però, non mi sentirei di seguire la studiosa nel ritenere che Boezio non fosse filosofo, tenendo conto della restante produzione di Boezio e delle dottrine neoplatoniche e, comunque, "tecniche"--soprattutto nel quinto libro--presenti nella Consolatio). In conclusione, S. propone una spiegazione audace (243-244): Boezio non può essere paragonato ad Agostino a Cassiciacum, ma "se non è un effettivo apostata, certamente egli stava esplorando coscientemente una strada alternativa," che era quella di stabilire un terreno comune tra la filosofia e la religione (243). Sulla questione del cristianesimo di Boezio Shanzer è tornato con un altro saggio stimolante: "Haec quibus uteris verba: The Bible and Boethius' Christianity," in: The Power of Religion in Late Antiquity, ed. by A. Cain and N. Lenski (Furnham-Burlington VT, Ashgate 2009), pp. 57-78.

Nella conclusione di questo volume alcuni contributi sono dedicati al Nachleben della Consolatio, così come, precedentemente, era stata studiata in parte la posterità delle opere logiche e, specificamente, degli Opuscula theologica. L'argomento è vastissimo, data la enorme fortuna che Boezio ebbe nel Medioevo, e i contributi di questo Companion ci danno nuove e interessanti notizie. W. Wetherbee studia "The Consolation and medieval literature," pp. 279-302, considerando le traduzioni nelle varie lingue europee (quella in antico inglese, ad opera del re Alfredo, è la più nota), e grazie a questo articolo veniamo a conoscenza anche di altre traduzioni più tarde, in francese, in italiano. Ma anche è significativa la presenza della Consolatio nella poesia medievale, fino a Chaucer e a Dante.

Sul piano della tradizione filosofica, Lodi Nauta studia "The Consolation: the Latin commentary tradition, 800-1700," pp. 255-278. L'argomento, di per sé, potrebbe essere considerato ovvio, dato che la fama di Boezio, come si diceva, si era estesa fino al Rinascimento. In realtà scopriamo, grazie al contributo di Nauta, che commenti a Boezio furono scritti ancora nel XV secolo, anzi, anche più tardi (270-274), mentre la communis opinio aveva sempre sostenuto che il Rinascimento aveva portato, sostanzialmente, la fine della fama di Boezio. Naturalmente, i commenti del XVII secolo, come quello del Vallinus, sono più simili ai nostri commenti filologici moderni, che non a quelli medievali (da Nauta, comunque, brevemente spiegati) di Guglielmo di Conches o di Nicola Trevet.

Concludono il volume una bibliografia ragionata, a cura di John Magee e John Marenbon, ("Appendix: Boethius' works," 303-310) ed un' ampia Bibliografia generale (311-339) e gli indici.